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martedì 22 ottobre 2019

I RAFFINATI IMPASTI VOCALI DEI RARE SILK



   Le giovani sorelle Gillaspie, Mary Lynn e Gaile, sin da piccole hanno respirato le sonorità jazzistiche delle Big Bands e di Ella Fitzgerald grazie al padre trombettista, lì nel sud della California dove sono cresciute. Nel sangue c'era già ben impresso il talento del canto, tanto che trasferitesi entrambe a Boulder, un piccolo centro del Colorado, Gaile, la sera iniziò a cantare in un club locale. 

    Ma la voglia di metter su un gruppo vocale era proprio forte, ma la sorte le aiuta incontrando altri due cantanti con la voglia di emergere, Marguerite Juenemann e Todd Buffa. Siamo alla fine degli anni '70 e nascono ufficialmente i Rare Silk.
   I loro gorgheggi iniziavano a farsi sentire periodicamente attraverso i microfoni di una radio locale e nei club della zona. Ma il loro vero debutto gli viene offerto nel 1980, quando vengono ingaggiati per aprire la serata prima del concerto di Benny Goodmann al Playboy Jazz Festival. 
   Ormai il loro vocal-swing si era fatto notare e finalmente nel 1983 entrano in studio per registrare il loro primo disco, NEW WEAVE per la Polygram Records. Un lavoro discografico notevole, i loro impasti vocali sono praticamente perfetti e gli arrangiamenti di tutti i brani, ben si adattano alle loro virtù vocali.
  Ad accompagnarli in questo primo viaggio ci sono anche i fratelli Brecker, Randy alla tromba e Michael al sax tenore, ovvero due grandi turnisti che brillano con i loro fiati in tantissimi dischi di jazz, fusion, r'n'b e pop music.
   L'apertura è con la brillante esecuzione della cover di un brano strumentale composto dal sassofonista Richie Cole, New York Afternoon che porterà i Rare Silk ai piani alti della Billboard Jazz Album Chart, raggiungendo la 20° posizione.
   Che siano brani veloci o delle ballad, le voci dei quattro Rare Silk non hanno incertezze, basti sentire di seguito gli altri tre brani che chiudono il lato A del disco, Red Clay scritta originariamente dal tormbettista bopper Freddie Hubbard (che negli anni '70 ha lasciato varie tracce suonando soul-jazz commerciale) e da Mark Murphy. You Know It's Wrong scritta dagli stessi Gillespie e Buffa e la notissima Lush Life di Billy Strayhorn.
   Come si può notare, le cover che i quattro vocalist hanno scelto per questo primo disco non sono certo brani di quelli facili da riarrangiare ed interpretare vocalmente. Il lato B si apre con Joi! una composizione di Buffa e si prosegue con (I Can Recall) Spain del trio Al Jarreau/Chick Corea/Artie Maren. Sugar è un classico del soul-jazz della CTI Records scritto dal sassofonista Stanley Turrentine e bene hanno fatto i Rare Silk a coinvolgere nella loro versione un ottimo Gary Bartz al sax alto. Bartz lo ritroviamo anche in Happying, un brano scritto dal pianista americano di origini fillippine Joseph 'Flip' Nunez. Nel finale di disco ritroviamo la firma di Richie Cole con la ballad dal titolo D. C. Farewell
   NEW WEAVE termina qui ed in un certo senso forse anche il buon succeso commerciale dei Rare Silk che con i due dischi che seguirono si sono persi in suoni più elettronici e cambi di formazione per poi separarsi definitivamente.

di : Gianfranco Ventrosini     




lunedì 21 ottobre 2019

NOTE D'AFRICA NEL SOUL-JAZZ DEI PACIFIC EXPRESS

   Con base a Cape Town a metà anni '70, tre musicisti di colore, Paul Abrahams al basso, Jaxk Momple alla batteria e Issy Ariefdien alla chitarra e voce, diedero vita ai Pacific Express. Il loro sound era già ben definito e influenzato da quello che arrivava dai lontani USA: un po' di funk raffinato, ritmiche in levare e sonorità soul-jazz eleganti e molto radiofoniche. 
   Almeno per quel che riguarda il loro primo disco BLACK FIRE pubblicato in South Africa dalla EMI nel 1976. A loro tre, in questo primo progetto discografico si affiancò una sezione fiati di assoluto talento composta da Basil Mannenberg Coetzee al sax tenore e al flauto, e Robbie Jansen alla tromba, sax alto, flauto e voce solista, nonchè lui stesso arrangiatore della stessa sezione fiati. L'aggiunta di Zany Adams voce solista e percussioni e Chris Schilder al piano elettrico contribuiscono a dare a tutto il disco un'impronta molto jazzistica. La finale Wild Song con le sue improvvisazioni di piano mai scontate ne è una prova. 
    Ma già dall'iniziale Brother che ha un inizio molto r'n'b che ricorda molto gli statunitensi Blood Sweat & Tears si capisce che i fiati ed il Fender Rodhes la faranno da padroni in ogni solco del disco. Feelings (Deep In Your Heart) è una ballata corale. In Sky Ride II entrano in gioco le percussioni di Adams per un tocco brasilian style molto godibile dove gli interventi di flauto e piano elettrico ricordano molto il jazz-samba americano di quegli anni. Heaven (I've Found In You) è un brano cantato con un arrangiamento che a tratti ricorda i Chicago prima maniera. 
   Il secondo lato del disco si apre con Black Fire che arriva nei solchi con ritmi sostenuti e i fiati a contrappuntare il tema principale dell'intero brano strumentale. Anche You're Everything, per i suoi impasti vocali ricorda molto i Chicago, ma è molto più soul. Siamo sul finale di partita e i Pacific Express sfoderano un rock-blues inaspettato con Love Your Baby Right. La chiusura è con Wild Song di cui si è già accennato, con un inizio forse un po' scontato, ma quando inizia il suono del Fender Rhodes di Schilder tutto cambia in bello e godibile.
  Dopo BLACK FIRE, i Pacific Express hanno dato alle stampe altri due dischi, ON TIME nel '78 ed EXPRESSIONS nel '79 per la piccola etichetta locale Gull, ma buttandosi su sonorità più pop e melense di nessun interesse, sebbene con un successo commerciale più ampio.

di : Gianfranco Ventrosini

  



lunedì 14 ottobre 2019

ALLA RICERCA DI NUOVI STANDARD _ capitolo 02 L'ANIMA JAZZ DI Mr. BOZ SCAGGS

   Prima nel 2003 con "BUT BEAUTIFUL" e poi con "SPEACK LOW" nel 2008, Boz Scaggs si è lanciato a capo fitto nel nutrito mare magnum del repertorio degli standard jazzistici e non solo. Forse un capriccio, o forse solo un modo per far sapere ai suoi sostenitori di un glorioso passato, che nelle sue corde di musicista e cantante c'è anche qualcosa di ancora più raffinato, allontanandosi mille miglia dal suo hit 'Lowdown', che per i tempi (1976) raffinato lo era per davvero, con quella miscela di pop, soul e jazz. 
  In "BUT BEAUTIFUL" la pianificazione nella scelta degli standard è forse un po' più prevedibile. La voce pacata di Scaggs si confronta con i classici del 'songbook' americano egregiamente supportato da arrangiamenti semplici con basso, batteria, piano e sax.
   Il disco si apre con What's New? nata originariamente come popular song ma poi adottata dall'orchestra di Bob Crosby. Never Let Me Go (1953) è tratta dalla colonna sonora del film Scarlet Hour. How Long Has This Been Goin Gone? degli intramontabili George & Ira Gershwin ritorna a farsi sentire in un contesto 'pop-rock' visto che già Van Morrison l'aveva inserita nel suo 'live' omonimo del 1995. Su Sophisticated Lady c'è poco da dire quando a scriverla c'è uno come Duke Ellington. But Beautiful altra movie song del 1947 cantata in seguito dal Sinatra e Bing Crosby. Con Bewitched, Bothered And Bewildered di Rodgers & Harts ci immergiamo nelle scene del musical Pal Joey della Broadway anni '40. 
   Rimaniamo sempre a Broadway con Easy Living. I Should Care è l'ennesima popular song semi-sconosciuta che risorge e diventa uno standard del jazz e non. Cantata da Sinatra nel '45, è stata poi ripresa negli da Dizzy Gillespie, Nat King Cole, Bill Evans e tantissimi altri famosi jazzisti. Ma anche da artisti più pop come Barry Manilow nel 1994 in Singin' With Big Bands e più recentemente da Ami Winehouse nell'album postumo At The BBC del 2012. 
   Ci avviamo verso la fine di questo primo viaggio, prima con You Don't Know What Love Is, altro brano cinematografico degli anni '40 più volte ripreso da vari musicisti tra cui citerei la versione strumentale di Miles Davis in Walkin' (1954) ed una un po' più particolare del cantautore e chitarrista inglese John Martyn nel suo album Glasgow Walker. E poi con For All We Know, altra popular song del 1934, anch'essa entrata nel repertorio di tanti, ma molto bella e intensa è la versione che hanno lasciato ai posteri Donny Hathaway e Roberta Flack.
   Invitation è il brano di apertura di "SPEAK LOW" ed ha una storia particolare, perchè quando fu inserita nel film di George Kukor A life of her own (1950) passò del tutto inosservata. Mentre due anni dopo, nel '52, comparve nella pellicola omonima dandone nuova luce e molti musicisti e cantanti la inserirono nel proprio repertorio. Tra questi il sax di John Coltrane e la tromba di Roy Hargrove che ci ha improvvisamente lasciato di recente. 
  She Was Too Good To Me è un classico di Broadway firmato Rodgers & Hart. Scritta dal pianista jazz Billy Taylor per la figlia, I Wish I Knew è del 1963. Speak Low porta la firma di Kurt Weill per il musical da lui scritto nel 1943. Ritroviamo Duke Ellington con Do Nothing Till You Hear From Me. Con I'll Remember Aprill, Scaggs si cimenta con uno dei più classici standard e forse insieme a Speak Low sono i brani più belli di questo lavoro. Save Your Love For Me è un blues scritto da Bud Johnson. Il cammino prosegue con Ballad Of The Sad Young Man scritta da Johnny Hartman. 
   Skylark (1941) porta la firma di Johnny Mercer con le musiche di Hoagy Carmichael, che si ispirò alle evoluzioni con la cornetta di Bix Beiderbecke. Anche Bob Dylan l'ha interpretata in un suo disco (Fallen Angel, 2016). 
  L'inserimento in scaletta di Senza Fine del nostro Gino Paoli, cantata da Scaggs in inglese, un po' sorprende, ma se poi pensiamo che l'ha interpretata anche Dean Martin, allora la cover del Boz ci piace ancor di più. E sulla stessa linea arriviamo ad un classico della musica brasiliana con Dindi di Jobim, uno dei capisaldi della bossa-nova. La fine del disco è segnata da un altro classico firmato da Johnny Mercer & Harold Arlen, This Tme The Dream Of Me
   Rispetto al precedente BUT BEAUTIFUL, SPEAK LOW è leggermente più orchestrale per l'inserimento degli archi, ma l'interpretazione di Boz Scaggs è sempre pulita ed intimista, rendendo i due lavori assai godibili.

di : Gianfranco Ventrosini