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mercoledì 2 agosto 2017

LO SMOOTH LATIN DI DAVID E MARC

Due gentlmen dello 'smooth jazz' hanno imbastito con questo loro album intitolato 'So Nice!', un racconto sonoro tutto 'latin'. La musa ispiratrice in questo caso è il Brasile e la Bossa Nova. 
L'album si apre con French Cafè e segue veloce con Penthouse In Copacabana dove sia la chitarra acustica di Marc Antoine che il piano di David Benoit si alternano negli assoli accompagnati dalla ritmica in levare. Segue un bel omaggio al maestro A. C. Jobim e la sua famosissima Sò Danço Samba. L'ascolto prosegue con Caminando, dove si fa notare l'apporto ritmico alla batteria di John 'JR' Robinson (ha suonato con M. Jackson e Chaka Khan). Siamo a metà del percorso e i due autori ci vengono incontro con A Cafè Au Lait Bentley e All Said And Done e ai due si aggiunge il bassista Ken Wilde (trascorsi professionali con Barbra Streisand, Al Jarreau e Gloria Estefan). Si sente che i due leader sono molto affiatati sia negli standard che nelle composizioni originali, tanto che quasi non si notano le pause tra un pezzo e l'altro dell'album. Un piacevole tappeto sonoro che continua con Rio Deluxe con ben in evidenza la chitarra 'latin' di Antoine. Puma Trail con il suo mid-tempo ci conduce al finale dell'album che ci regala la chicca So Nice, che altro non è che la cover di un successo (tra il 1963 e 1966) del Walter Wanderley Trio prima, e di Sergio Mendes poi. Nel brano alle percussioni compare Luis Conte (già con Phil Collins, Pat Metheny e James Taylor). E arriviamo alla chiusura con la romantica e classicheggiante Algarve.       
Nel compleso un album ben congeniato e godibile. Sia Antoine che Benoit hanno classe e bravura indiscutibile, ma forse se avessero osato un po' di più, ricercando nel vasto baule della Bossa Nova, avrebbe raggiunto vette più alte. 

a cura di : Gianfranco Ventrosini

D. BENOIT & M. ANTOINE : So Nice! - Shanachie Records, 1917 
valutazione : 𝅘𝅥𝅮𝅘𝅥𝅮𝅘𝅥𝅮  

mercoledì 10 maggio 2017

IL MITO DELLA MOTOWN RECORDS SVELATO DENTRO E FUORI.

Insieme a 'Soul Music di P. Guralnick' e 'Motown. Storia e leggenda di N. George' con questo monumentale 'Motown. Il sound della giovane America' si ha un trittico fondamentale per comprendere a fondo, quanto la black music, per un buon trentennio ('60/'70/'80) abbia condizionato in modo rilevante la cultura socio-politica e musicale dell'America e non solo.
Adam White è un giornalista musicale di lungo corso che già in passato ha raccontato la storia della Motown e scritto un libro sul mitico team di compositori: Holland/Dozier/Holland. Nel libro è tutto ben documentato, anche perchè White non è solo nel riportare alla luce storie e aneddoti di quegli anni, ha chiesto in aiuto la memoria storica di uno dei protagonisti che dietro le quinte ha reso possibile l'affermazione della 'prima casa discografica di black music rivolta ad un pubblico di ascoltatori bianchi'. Stiamo parlando di Barney Ales, amico e braccio destro di Berry Gordy, e colui che fino al 1972 si sarebbe occupato in prima persona della distribuzione e diffusione radiofonica di tutto quello che usciva dagli studi Motowm di Detroit (poi ci fu il trasferimento in California voluto dallo stesso Gordy e i due si separarono).  
Il 'soul' per antonomasia era targato Detroit in quegli anni. Era, se vogliamo, anche un genere musicale un po' ingenuo ed edulcorato, dove i testi delle canzoni erano spesso incentrati sull'amore, ma sempre ben curato: gli arrangiamenti orchestrali stile Motown si riconoscono tra mille. Smokey Robinson, Diana Ross & Supremes e Marvin Gaye sono stati per molti anni i testimoni del successo del 'soul' presso i bianchi, non solo in America ma spesso, più che mai, anche in Europa, dove molti giovani rockers alle prime armi, in Inghilterra ascoltavano sui dischi d'importazione questa nuova musica fatta da neri. 
A farci comprendere quanto sia stata importante la soul music targata Motown in Inghilterra, ci viene in aiuto la breve prefazione al libro di un signore che si chiama Andrew Loog Oldham. Ovvero colui che non solo ha scoperto i Rolling Stones, diventandone anche manager e produttore per alcuni anni, ma che negli anni '70 fu chiamato dalla Motown a gestire la neo etichetta discografica Rare Earth. Nel suo breve racconto Oldhan ci conferma che a metà anni '60, il soul proveniente dalla lontana Detroit era un culto per tanti giovani musicisti in cerca di successo, e non era raro riunirsi a casa di qualcuno per ascoltarne i dischi provenienti oltre oceano: immaginatevi Mick Jagger, Keith Richard e Paul McCartney sbavare all'ascolto di un 45 giri di Marvin Gaye pre What's Going On. 
Ma la società stava cambiando, i diritti civili fecero la loro parte, ed il primo soul smielato lasciò il passo a qualcosa di più profondo: si fece largo il giovane Stevie Wonder con i suoi testi impegnati, seguito dallo stesso Gaye e poi altri ancora, spesso con enormi ed inaspettati succesi in tutto il mondo. Negli anni '80 la Motown, ormai Californiana, ha espresso poco o niente, qualche meteora ad eccezione dei Commodore con Lionel Richie e di Michael Jackson sotto la tutela di Quincy Jones.
E' un bel libro da leggere ma anche da gustare un po' alla volta vista la quantità di materiale iconografico, corredato spesso anche da note esplicative, quasi un secondo libro che serve anche per immergerti, durante la lettura, nello spazio temporale in cui i fatti si svolgevano. 

a cura di : Gianfranco Ventrosini

A. White - Motown. Il sound della giovane America. (L'Ippocampo, 2015) - €49,90 

Consigliati per un approfondimento:
P. Guralnick - Soul Music. Gli anni d'oro della soul muisc. (Arcana, 1987/2009) - €18,70
N. George - Motown. Storia & leggenda. (Arcana, 2010) - €22,50